lunedì, Febbraio 24, 2025
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Bordeaux, le singolarità di una fama mondiale.Di Matteo Carlucci

Ho poca dimestichezza con i vini di Bordeaux, non lo nego, e potrei elencarne i motivi. Di sicuro il costo spesso davvero impegnativo per i vini di fascia alta mi ha impedito di investire su bottiglie tanto per provarle. Del resto non impazzisco particolarmente per le caratteristiche di merlot e cabernet sauvignon, i vitigni prevalenti nella denominazione. E gli assaggi che ho potuto fare in giro mi hanno dato conforto delle mie idee, ovvero che spesso, specie sulle annate più longeve, ci si trova davanti a vini serrati, chiusi, prospettici, certamente capaci di evolvere ed emanciparsi in bottiglia ma raramente espressivi e godibili in gioventù. Inoltre negli ultimi anni il Bordeaux(almeno dalle nostre parti) vive di poca diffusione ed interesse, pertanto risultano anche poche le occasioni per approfondire l’argomento, complice il latitare di seminari o degustazioni a tema. Ma quando è capitata a tiro l’occasione ho colto la palla al balzo per cercare di colmare, almeno in minima parte, le mie lacune.

Una degustazione che ha richiesto più concentrazione sulla fase gustativa che sulla parte olfattiva, per valutare al meglio la profondità e la completezza dei vini, nei quali un ruolo determinante è giocato dalla trama tannica.

Alla fine di ogni degustazione faccio un bilancio di cosa mi lascia, ed in questo caso ne sono uscito con molta più chiarezza sulle peculiarità delle differenti aree, e ho avuto conferma delle mie precedenti impressioni. Grandi vini, affidabili soprattutto se si vuole cercare una vecchia annata confidenti nella sua integrità, ma vini che dialogano su di una lunghezza d’onda distante dalla mia. Non entro in sintonia, posso apprezzarne certe caratteristiche, certamente godo di certe bottiglie, ma non sono etichette che cercherei a tutti i costi per averle nella mia cantina. Detto questo, quando un bordolese mi emoziona davvero mi tolgo il cappello e mi inchino, e non dubito che tra qualche anno rileggendo questo articolo potrei sorridere e prendere in giro la mia ingenuità.

Qualche dato ed indicazione sulle caratteristiche del territorio di origine sono sempre fondamentali per comprendere al meglio cosa andiamo a bere. In generale si tratta di terreni calcarei, che frenano l’assimilazione di molti minerali. In particolare sulla riva destra domina l’argilla calcarea, con la componente argillosa più importante sul Pomerol e Lalande, mentre a Saint Emilion è il calcare a riprendere il ruolo di protagonista.

Sulla riva sinistra invece argille calcaree sono più in profondità, ed in superficie si trovano graves (sassi e ghiaie) leggere, asciutte e drenanti, soprattuto a sud, nell’Haut Medòc, mentre spostandosi verso nord e quindi nel Bas Medòc aumentano sabbie e argille. Importante comprendere che la presenza di ghiaie rende i suoli maggiormente drenanti, compensando quindi le alte precipitazioni tipiche della zona.

Il Bordeaux rappresenta una singolarità enologica, dato che le condizioni climatiche sembrerebbero essere sfavorevoli, ma è proprio il ruolo dei terreni ad essere determinante, insieme alla vicinanza dell’Atlantico, che mitiga le temperature, ma non limita certo l’alto tasso di umidità, che favorisce lo sviluppo di malattie in vigna. Inoltre a queste latitudini non sono rare le gelate primaverili, ed il sole spesso latita anche nei periodi estivi. Come detto c’è infatti un’elevata piovosità media, oltre i 1200 mm/anno. Per avere un confronto, in Langa la media si attesta sugli 800 mm.

Per orientarsi tra le annate è utile conoscere i millesimi asciutti e canicolari, tra cui certamente 1985, 1988, 1989, 1990, 2000 e 2005, che si traducono in vini più muscolari e voluminosi.

sistemi di allevamento, differiscono soprattutto in base alle zone. Nel Medòc troviamo soprattutto il cordone modificato, e densità tra i 5000 e 6000 ceppi/ettaro. Nel Libournais si preferisce invece il guyot, doppio o semplice, disteso e non piegato. Sulla riva sinistra, dove è il cabernet sauvignon a diffondersi maggiormente, le densità arrivano a 8000-10000 piante/ettaro, maggiori quindi rispetto ai più ricchi terreni della riva destra, dove sono anche più diffusi merlot e cabernet franc, vitigni che richiedono più spazio per sfogare la propria vigoria, aiutata oltretutto dai suoli.

Le raccolte sono manuali, almeno nei casi più virtuosi e per le etichette di maggior pregio, ma va detto che in regione è molto diffusa la meccanizzazione della raccolta, anche per velocizzarla e concentrarla in poche ore, per evitare che i fenomeni atmosferici possano rovinare la vendemmia nel suo momento ideale. Le vinificazioni avvengono prevalentemente in acciaio, ma sta tornando anche il cemento, con macerazioni sulle bucce dalle 3 alle 4 settimane, tranne alcuni Chateau che macerano meno. I vini seguono poi un affinamento in barrique bordolesi da 225 litri, generalmente dai 12 ai 24 mesi, per poi seguire un adeguato riposo in bottiglia prima della commercializzazione.

La superficie vitata dell’intero Bordeaux consta di 120 mila ettari, circa equivalente alla somma di Piemonte e Toscana, e produce mediamente dai 4 ai 7 mlioni di ettolitri, con 200 grandi aziende diffuse nel mondo. Quelle storicamente classificate come migliori si fregiano della denominazione Premier Grand Cru Classè, e la maggior parte di queste aziende si trova a nord, vicino all’estuario. Oggi è anche regione dove si producono vini a  basso costo, specie nella zona di Entre Deux Mer e nei distretti di St. Emilion.

vitigni a bacca rossa più diffusi sono Merlot (61% sul totale), Cabernet Sauvignon (26% sul totale ma dominante nel Medòc) e Cabernet Franc (12%),  mentre quote residuali spettano a petit verdot, Cotè (o Malbèc).

Da ricordare che Bordeaux è anche terra di grandi bianchi, soprattutto di grandi bianchi botritizzati, che trovano terra d’elezione in Sauternes e Barzac, dove sono Semillon e Sauvignon Blanc a farla da padroni.

Geograficamente Bordeaux nasce su una rotta commerciale, e in maniera quasi singolare rispetto al resto d’Europa, il vino è stato un fenomeno legato alla borghesia e non al clero. Il suo successo fu legato alla duchessa Eleonaro d’Aquitania, che sposò nel 1154 il principe Enrico II di Inghilterra, portando ricchezza nella zona, in quanto l’isola britannica divenne grande importatrici di vini dalla regione. Il tutto per almeno 3 secoli, creando i presupposti storici e finanziari che permisero di superare la successiva crisi dovuta ai conflitti sorti proprio con l’Inghilterra (vedi guerra dei Cent’anni).

Determinante per le sorti della regione anche il ruolo degli olandesi, che parteciparono alle opere di bonifica della regione, favorendone la viticoltura e rappresentando uno dei primi esempi di enologia che prevarica i limiti climatici e gografici. L’Olanda divenne inoltre “cliente” della zona, ed il segno evidente di questo rapporto economico permane oggi nell’unità di misura della produzione degli Chateau, ovvero il Tonneaux da 900 litri, il contenitore utilizzato proprio dagli olandesi.

La classificazione del Bordeaux è datata 1855, poi rivista nel 1937, e nasceva da considerazioni commerciali, premiando gli Chateau con maggiori vendite, e questo consentì a realtà come Haut Brion di fregiarsi di un alto ranking nonostante si trovasse fuori dalla privilegiata zona del Medòc, dove si concentrano la maggior parte dei Premier Grand Cru Classè. Fondamentale comprendere che la classificazione bordolese investe il singolo Chateau e non la denominazione comunale o il singolo vigneto, rappresentando un’altra singolarità di questo territorio vinicolo.

Ma torniamo a quello che è oggi la denominazione, attraverso una carrellata di assaggi di alcuni dei rossi più rappresentativi della regione, iniziando da due esempi della riva destra.

Chateau Gazin – Pomerol 2006. Dal 1847, 24 ha vitati su 26 di proprietà, posti sul miglior plateau del comune insieme a Petrus e Trotanois. Produzione annua di 80 tonneau (olandesi), pari a circa 90 mila bottiglie, incluso il secondo vino. Vigneto piantato a 5500 ceppi/ha, con una media di 50 anni di età, su terreni di argille e ghiaie. In vigna per 90% merlot, 7% cabernet sauvignon e 3% cab. franc, coltivati a guyot semplice, con raccolta manuale e cernita in cantina. 18 i giorni di macerazione in questa annata, fresca e migliore sulla sponda sinistra. Il 50% del vino affina in barrique per 16 mesi, il resto in acciaio. Naso un po’ ritroso, come spesso troviamo in questi vini in gioventù, con note di carne, alcol, cenere e cioccolato. Bocca potente, tostata, rotonda, appena asciugata dal calore alcolico, e un finale frenato dai tannini, appena amaro, di radice e terra, pepe e tartufo, ma il sorso è piacevole nel complesso, non pesante.

Chateau Troplong-Mondot – Saint-Emilion 2001. Fa parte dei 15 Premier Grand Cru Classè, con 30 ha vitati su 33 di proprietà. 130k bottiglie totali, da vigne coltivate a guyot semplice, di età media 38 anni, con densità di 5000 ceppi/ha, su suoli calcarei con frazioni di silex. Merlot 90%, cabernet sauvignon a completare in egual parti. Macerazione sulle bucce per 16 giorni, poi barrique nuove 100% per 18 mesi. Annata disastrosa fino a metà agosto, poi bella, con raccolta tardiva. Il colore è più fitto, il profilo più scuro ed evoluto, di fiori secchi, pellame, ribes rosso e tono sanguigno. Un po’ spigoloso in bocca, verticale e sapida, con gomma bruciata nel finale, e un buon ricordo di frutto scuro. Amarena, sesamo, gomma e cenere, con un tocco iodato. Estrazioni e carattere che ricordano alcuni nostri Supertuscan (anche se sarebbe forse più corretto dire il contrario).

Ci spostiamo sulla riva sinistra, dove gli Chateau sono vere e proprie ville signorili pregne di storia e prestigio enologico.

Chateau Belgrave – Diane de Belgrave Haut-Medoc 2009. Siamo vicini a Saint Julien su una proprietà di ben 76 ha di cui 61 vitati, con densità di 10k ceppi/ha ed una media di 28 anni di età. I suoli sono di ghiaie profonde, e le viti sono potate a guyot doppio. Questo che è il secondo vino dello Chateau esegue una prefermentazione a freddo, quindi dopo la svinatura affina per 12 mesi in legno, per il 20% barrique nuove. La cantina si avvale della consulenza di Michel Rolland. Il naso si presenta espressivo e a tratti esotico, con toni di anguria, prugna, peperone, e note dolci di spezie e salvia. Ha bel succo, scorre bene, non si allarga troppo, ma è un vino ordinato e un po’ ammiccante, pettinato nei tannini e dolce nel finale, dove torna una nota vanigliata e uno sfondo leggermente tostato.

Chateau Marquis de Terme – M de Marquis de Terme, Margaux 2010. Ci spostiamo tra Cantenac e Margaux, sui 38 ha vitati sempre con densità alta circa 10k ceppi, e ancora suoli di ghiaie profonde miste ad argille. Qui è cabernet sauvignon a conquistare la maggioranza col 55%, seguito da merlot al 35% e saldo di petit verdot e cabernet franc, tutti potati a cordone speronato bilaterale. Macerazione prolungata per 4 settimane, quindi passaggio in barrique nuove fino al 50%, per 18 mesi. Bella annata il 2010, ma per vini di grande futuro. Al naso si nasconde, con accenni erbacei scuri di spinacio e foglia di pomodoro, poi note da rhum e alchermes, ricordi tostati di sesamo. Man mano che acquista respiro regala note di erbe mediterranee, fiori e frutti scuri di mirtillo e amarena. Tornano le sensazioni tostate al palato, insieme al frutto, ma il tutto è frenato dal tannino ancora serrato ed impetuoso, che traghetta verso un finale grigliato. Sorso austero, ma di buona dinamica, senza tratti marcatamente vegetali al palato.

Chateau Pontet Canet – Pauillac 2008. Annata classica ed equilibrata dal comune più vitato di Francia, considerata zona tra le più longeve e tenaci. Ben 80 gli ettari vitati di Pontet-Canet, per una produzione di 330 tonneaux. Vigne disposte su 5 differenti cru (qui non valorizzati, al contrario della Borgogna), piantati con 8500 piedi/ettaro, con cabernet sauvignon per il 60%, merlot 33%, cabernet franc al 5% e un residuale per il petit verdot, il tutto potato a guyot doppio. Si protraggono fino a 6 settimane le macerazioni sulle bucce, mentre l’affinamento in barrique, al 60% nuove, dura dai 15 ai 20 mesi. Potente l’incipit alcolico, che si trascina i profumi con intensità, con ricordi di erbe, cioccolato, peperoncino habanero, pepe. Sorso intenso, dal tannino serrato ma molto fine, ritorno pepato, cenno di legno resinoso e cedro, una bella florealità di violetta a ingentilirlo. Vino caparbio ma di grande scorrevolezza, con accenti di cuoio nel finale, compatto ma di buon allungo.

Chateau Leoville Las Cases – Grand Vin de Leoville Saint-Julien 2007. Zona dei vini considerati tra i più eleganti, mentre le versioni più ruvide si incontrano Saint Estephe, mentre da Pauillac si attendono i più potenti e rigorosi, mentre a Margaux la fama dei più equilibrati e completi. L’azienda Leoville si divise circa 200 anni fa, e Leoville Las Cases ne rappresenta circa i tre quinti dell’originaria, con una produzione di ben 472 tonneaux, ricavati dai 97 ha vitati. Densità a 8800 ceppi, età media di 35 anni, su suoli poveri in argille, con 65% di cabernet sauvignon, 20% di merlot, 12% di cabernet franc e saldo di petit verdot. Nelle annate buone si affina al 100% in barrique nuove per 18-20 mesi. Questo secondo vino viene da un singolo appezzamento con vocazione diversa, generalmente molto più disponibile. Bel colore, ammaliante di rubino vivo, e naso denso di amarena, cannella e ginepro. Bocca che scalpita tra alcol e tannino felpato, e restituisce note di caffè, marzapane, cioccolato. E’ un vino ammiccante, morbido e piacevole ma con tocco amaricante finale, e un’inizio di sensazioni di pellame. Si distende e si concede senza parsimonia, con dolce maturità di frutto e spezia.

Chateau Margaux – Margaux 2007. Un nome tra i più noti, anche a chi non mastica vino, con proprietà su 82 ettari (sui 414 totali del comune), e una produzione di 400 mila bottiglie annue. I vigneti hanno una età media di 40 anni, con densità di 10 mila ceppi, su suoli ghiaiosi su base argilloso-calcarea. E’ ancora il cabernet sauvignon l’anima del vino, col 75%, completato da un 20% di merlot e un saldo di petit verdot e cabernet franc. La macerazione dura dalle 3 alle 4 settimane, e affinamento in barrique totalmente nuove sul primo vino. Naso intrigante, di frutto rosso, rosa canina, melograno, mentuccia, cipria, salvia. Davvero complesso, con ricordi di rossetto, di frutta rossa croccante ed erbe aromatiche, invita al sorso, che ha tannino fitto ma setoso, lascia la bocca deliziata, con chiusura un po’ scura, da melograno maturo, con tanto sale nel lunghissimo finale. Vino davvero di grande completezza ed eleganza, equilibrio ed eleganza.

Chateau Mouton Rotschild – Pauillac 2007. Reinserito nei Premier Grand Cru Classè solo nel 1973, dopo che dal 1920 Philippe riprende il lavoro di qualità che aveva contraddistinto l’azienda nel passato. Vigne di età media sui 52 anni, su ghiaie profonde e basamento calcareo, 80 ha vitati, da cui 240k bottiglie del primo vino, che affina in barrique nuove per 22 mesi. Cabernet sauvignon dominante, con merlot  al 12%, franc al 9% e p.verdot solo 2%. Netta la zaffata di peperone a primo naso, poi si completa di pesca gialla, ananas, spezie e caffè. Sorso fresco, pepato, quasi piccante, con tannino molto fine. Rimane al palato a lungo, sapido, con note di caffè e amarena che tornano, e un cenno amaricante finale, insieme a tratti vegetali e di lapis. Gran bel vino, di impatto e sapore, anche se distante dal mio gusto personale.

Chateau Cos d’Estournel – Saint-Estephe 2001. Siamo in Deuxieme Cru Classe, nel lato settentrionale dell’Haut Medoc, con 64ha vitati, con densità da 8 a 10k ceppi/ha, potati a guyot doppio. Le vigne sono al confine con Paullac, attigue a quelle di Lafitte Rotschild. Vinificazione a contatto con le bucce per minimo 3 settimane, e affinamento in barrique solo nuove.  Naso evoluto, combatte tra ossidazione e riduzione, con ricordi di verdure in brodo, funghi, glutammato e caffè. Nonostante il naso ammaccato il sorso ha buon succo, ma certamente non è una bottiglia felice, con vigore che si smorza presto e tannino che rimane ruvido e sanguigno. Da riprovare.

Chateau Haut Brion – Pessac-Leognan 2007. Chiudiamo con la già citata eccezione dei Premier Grand Cru, essendo l’unico nella zona delle Graves. Vigneti densi da 8 a 10k ceppi, e piante di 40 anni per i vitigni rossi, costituiti per il 44% da cabernet sauvignon, 42% merlot, 12% cabernet e un 2% di petit verdot. Le macerazioni durano da 2 a 3 settimane a seconda delle annate, ed il vino affina in barrique nuove dai 16 ai 22 mesi. Arriva pieno al naso con ricordi di frutta sotto spirito, fumo e vaniglia. Importanti e nette le sensazioni di cenere, che tornano anche a fine sorso, caratterizzato da un tannino ricamato, con sapore che si allarga e si distende al palato man mano che scorrono i secondi. Regala anche ricordi di violette, in quadro scuro ed austero, ma di grande eleganza e sapore. Insieme a Margaux l’assaggio più significativo.

Matteo Carlucci

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