Questa situazione onestamente non mi spaventa, da quando davvero sono a casa. In fondo, restando a casa, sento quel senso di protezione che mi lascia sorridere e godere delle piccole cose che ho. E tra queste, per fortuna e grazie al percorso della mia vita, c’è anche il vino.
Ho la fortuna di avere una cantina ormai ben fornita ed assortita, ma se così non fosse non esiterei a fare ordini a domicilio delle più svariate bottiglie. Scorte di felicità liquida per affrontare questi giorni di coercizione casalinga, se non altro per l’incertezza della “durata della pena”.
Va detto che ho anche la passione per la cucina e si cerca di mettere in tavola sempre cose gustose e non banali, associandole ogni volta con una buona bevuta.
In questo particolare frangente storico è più facile lasciarsi andare a stappare anche bottiglie di maggior pregio, della serie “di doman non v’è certezza”, ma anche per una sorta di bisogno di appagamento irrisolto, da colmare in qualche modo.
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Renzo Ferrarini Acquerello
D’altronde il vino, finché non sfora i limiti di un rapporto sano e consapevole, resta un buon amico, un compagno dei momenti migliori. Sì, dico solo dei momenti migliori. Perché nei momenti peggiori se stappo un vino è per trasformarlo in un momento di bellezza, concentrandomi appunto su di esso, e godendo delle sue sfaccettature, gustandolo e assaporandolo. E al contempo riassaporando la bellezza della vita che abbiamo a portata di mano ogni istante, ma che spesso dimentichiamo, travolti dal continuum di impegni autoimposti, dal tran-tran quotidiano, da lavoro-figli-sport-amici-social e chi più ne ha più ne metta.
Viviamo in una società dove il sostare non è più concesso. Ora ci capita questa grande opportunità di ripensarci, come persone, come esseri viventi, farci due domande in più, guardarci attorno con più calma, vedere oltre il banale, rimodulare valori, misure, tempi, priorità.
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Strada di New York sotto la pioggia Kazimierz Komarnicki
Ed in casa propria ognuno può trovare posto e tempo per un po’ di vino. Una piccola spesa che ripaga e alleggerisce l’animo, che completa un pasto, che allarga il sorriso e fa brillare un po’ di più gli occhi, mentre guardiamo i nostri commensali. O mentre ripensiamo ad amici e cari distanti. Il vino non è fuga dalla realtà, ma mezzo per entrarne in maggiore contatto. Più poni attenzione al calice e a quello che ti trasmette, e più puoi fare lo stesso con la persona che hai davanti, che sia il tuo compagno, tuo figlio, te stesso allo specchio.
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Certo forse serve esercizio, come per la degustazione. Serve un piccolo sforzo, ma quanto immenso si apre, a fronte di un piccolo impegno?
Anche se siamo reclusi nelle nostre case (e pensiamo alla fortuna di averla una casa!) basta un bicchiere di vino per volare lontano. Mi è capitato oggi, poche ore prima di scrivere queste righe, con il Borgogna Vielles Vignes 2015 di Joseph Voillot. Pinot nero di eleganza ed ariosità, si leva leggero ed elettrico, come questo cielo sprizzante primavera di oggi, si staglia al palato pieno di luce, ti fa viaggiare sopra i campi di Volnay e dintorni, planare sulle vigne basse, fitte e curatissime. Ti trasmette la freschezza di quest’aria frizzante che basta aprire la finestra per respirare. Accarezza il palato, vola leggero, senza spigoli, accarezza e insieme illumina, energizza, come spremuta di agrumi e melograni freschi, come ventata di fiori di campo, che non puoi vedere ma odori nella brezza. Finisce il volo e torni alla tua casa, col sorriso. Sei ancora qui, ma non serve essere altro che qui, che hai già tutto, quando hai la vita.
Matteo Carlucci
Sommelierdellasera