lunedì, Febbraio 24, 2025
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Champagne 2012, estasi o attesa? Di Matteo Carlucci

Metti una sera di fine agosto in una terrazza sulla spiaggia. Il vento che soffia forte ma tiepido, i lampi e le nubi all’orizzonte, come una festa lontana, il profumo del mare che si mischia a quello del calice quando ci immergi il naso. Sembra già magico, ma la serata tocca momenti di poesia e bellezza vera bevendo Champagne

La scelta é caduta su millesimati 2012, annata ritenuta promettente da buona parte della critica, pure se parzialmente difficile in campagna. D’altronde il vino spesso é così, tira fuori capolavori ed emozioni proprio dalle annate più complicate. La 2012 in Champagne lo é stata per una grossa gelata che ha subito ridotto le rese delle piante, poi una primavera piovosa proprio nel momento dell’allegagione, con ulteriore riduzione dei carichi in pianta. Poi luglio e agosto caldi e asciutti, anche troppo tanto da portare blocchi vegetativi e maturazioni disuniformi in certe zone, ma pochi o nulli problemi fitosanitari. Piogge leggere pre vendemmia hanno aiutato a dare respiro ed equilibrio alle piante, giunte a raccolta mediamente con meno uva della media ma con grande concentrazione di materia. 

Ma sarò un romantico sognatore beone, di queste premesse importa il giusto, se non semplicemente avere qualche idea per inquadrare ciò che beviamo. Ma poi, davvero dobbiamo sempre incasellare o comprendere? A volte trovo più bello ascoltare, senza necessità di razionalizzare, semplicemente accendendo i sensi e la sensibilità, e lasciare che sia il vino a parlarci, a trasformare una soluzione di sostanze chimiche in una scintilla per l’emozione. Come mettere da parte il nostro ego e aprire una finestra sulla bellezza. 

Lo Champagne non è poi vino bello in assoluto, vivendo di contraddizioni e sottili alchimie. É un vino iper controllato nella fase produttiva, con diverse fasi in cui l’uomo interviene ripetutamente a trasformare la materia prima in vino, con una costante visione prospettica. Sono vini in effetti dove l’architettura é tutto un gioco di luci e prospettive. Di sfumature e cromatismi lievi, ma capace di slanci altissimi.

 Lo Champagne coniuga le durezze (acidità, sapidità, carbonica) e le fa plasmare al tempo, ai lieviti, alle fecce fini. Le amalgama attraverso una seconda rifermentazione in bottiglia e le arrotonda e completa in fase di dosaggio, con una eventuale liqueur d’expedition che apporta zuccheri a bilanciare la trazione graffiante e completare un quadro che sarebbe diversamente leggibile. 

Nei millesimati si esalta l’animo dell’annata, vinificata in purezza e senza aggiunta di vini si riserva in cuvée, mentre il dosaggio è sempre a discrezione del produttore. Ogni annata lascia un timbro unico, tutto da scoprire calice per calice. 

Alla nostra degustazione il pubblico era curioso e attento, aperto a farsi affascinare e stupire da questi vini dove la netta impronta tecnica dell’uomo riesce a restituire sensazioni genuine e profonde, tutt’altro che costruite o contraffatte. 

Abbiamo “avvinato” la bocca con un Brut di Drappier, fuori dalla lista e dal tema della sera, ma che ha messo in chiaro una cosa. Il timbro dello Champagne, quel fondo frammisto di agrumi acidi, note marine e minerali, una trazione che scuote il palato e lo fa vibrare. Il sorso proietta verso l’alto, e quando davvero buono, verso altro

Un bell’inizio il Blanc de Blancs ‘Les Crayeres Folies’ Potel-Prieux 2012: la finezza dello Chardonnay declinato sull’eleganza, scosso da una fibra fine e vibrante di sale e agrume giallo, con bolla finissima e cremosa. Non divaga su mille sfumature e rimane fedele a se stesso, ma fa della sua semplicità coerente e fresca la sua dote di bellezza. Come una margherita. 

Il Brut Millesimé 2012 di Michel Hoerter 2012 (70% pinot meunier, 22% pinot noir, 8% chardonnay) rivela un’altra delle mille facce dello Champagne. Il Meunier dominante porta un timbro più campestre, con una venatura leggermente verde. Ha frutto, di varie tonalità, scalpita al palato con una carbonica a tratti graffiante, come anche l’acidità. Cangiante, saporito, gastronomico. 

Lo Champagne Brut Annonciade 2012 di Louis Huot ci porta  un assemblaggio paritario tra pinot nero e chardonnay, dalla Valle de la Marne. Profilo fine, fortemente marino (qui non sapevo se era il vento dalla spiaggia o il vino a dominare il naso) e fini aromi di lemon curd e fiori bianchi. Bocca pungente in acidità, bolla ben integrata, sale che si allarga ai lati della bocca. 

Quasi opposta la bevuta successiva, con il Brut Millesimé 1er Cru 2012 di Maillart, da vigne nella Montagne de Reims, con leggera prevalenza di pinot nero sullo chardonnay, e vini base affinati in parte in legno. La differenza nella fattura delle basi si sente in un olfatto più largo e tostato, quasi fumè a tratti, note evolutive di fungo e nocciola, poi agrume maturo in sottofondo. Sensazioni che tornano al sorso, rotondo, dinamico e avvolgente ma un po’ più pesante, nonostante il finale secco e pulito. Vino da tutto pasto, che si distende nei minuti in un bel rapporto con l’aria. 

Segue questa bella doppietta di BdB, ovvero chardonnay in purezza. Il primo è il Blanc de Blancs 2012 di Pol Roger. Vino importante per una maison conosciuta forse più per il suo legame col Pinot nero, ma il patrimonio viticolo dell’azienda spazia nei migliori comuni Grand Cru della Côte de Blanc, che insieme al rigore delle lavorazioni in cantina si traduce in una bottiglia davvero imperdibile. Fiori e agrumi freschi netti al naso (nonostante 7 anni sui lieviti), roccia spaccata, fini speziature, su tutte lo zenzero. La bolla è una carezza che rincuora dallo schiaffo elettrico dell’acidità, che corre insieme alle sensazioni di sale e roccia che accompagnano a lungo il palato. Si vola alto. 

Altro mono-vitigno lo Champagne Bonnaire Cramant Grand Cru 2012 , dove le uve vengono dal singolo comune di Cramant. Cambia completamente il profilo, giocato su pasticceria, frutto maturo, burro. Forse da solo farebbe una buona figura, ma paga la vicinanza con un assaggio davvero notevole. Stile morbido e suadente, però sporcato da un finale appena amaricante. Da risentire, ma certamente per chi cerca Champagne più larghi che dritti. 

Si torna sulla Montagna di Reims per lo Champagne Extra Brut Mailly Grand Cru 2012, per tre quarti pinot nero con saldo di chardonnay. Bottiglia un po’ deludente, molto speziato, con toni si coriandolo, sorso dinamico ma mancante di carbonica, quasi evanescente. Forse un tappo difettoso nella tenuta.      

Restiamo in zona con il Brut Grand Cru 2012 di Boever A&S, di stile ossidativo, tra note di miele e mela cotta, con cenni speziati e una traccia agrumeti che lo salva, anche al aperto, dove mostra un bel traino acido-sapido, frenato solo da un dosaggio che lo la planare su un finale morbido. 

Champagne Brut Delamotte Grand Cru 2012: specialisti dello Chardonnay, ne ricavano qui un’espressione luminosa e ricamata. Frutto di un assemblaggio di vini da 5 grand Cru della Côte de Blancs (Mesnil, Avize, Chouilly, Cramant, Oger) rivendica un’anima elettrizzante citrina, una fine salinità, una carbonica puntiforme e setosa. Una luce radente da alba settembrina, che illumina delicata e fresca. 

Lo Champagne Paul Bara Special Club Grand Cru 2012 è stato per me la sorpresa della serata, come è bello che succeda quando si parte con dei precedenti che non mi avevano entusiasmato (sia su millesimo diverso che su altre etichette). Prevalenza di pinot nero (70%), e chardonnay a completamento, dal comune Grand Cru di Bouzy, con vini base elevati solo in acciaio. Naso espressivo e concessivo, con frutti rossi e agrumi, spezie, fiori, folate di mare. Metto il sorso in bocca e tutto torna, con in più, in sottofondo nella mia mente, la Primavera di Vivaldi che risuona. Giuro, non lo racconto per enfatizzare, ma così è stato. Quando la bellezza si fa largo e ne porta dentro altra, o rivela quella già nell’aria. 

Si arriva verso la fine con il Grande Année 2012 di Bollinger, composta da 65% di pinot nero e 35% di chardonnay, il tutto fermentato in legno. Il vino forse più da attendere tra quelli degustati. Probabilmente proprio l’affidamento in legno viene fuori tanto, fra toni fumé e speziature tostate, ma forte è anche una bella vena floreale. Il sorso continua a lasciarmi una idea di incompiuto, di qualcosa di non risolto. Entra intenso ed elegante, con succo saporito e carbonica perfettamente fusa ma dopo pochi attimi in cui sembra prendere il volo plana rapido lasciando un alone di sale e un ritorno del timbro lasciato dai legni. Una piccola delusione, ma parliamo forse di attese un pelo disilluse. 

A chiudere la serata un bel confronto alla cieca tra due millesimi del riferimento in casa RoedererCristal 2012 contro (o meglio dire a fianco di) Cristal 2008, considerato da tanti una versione superba ma che in precedenti assaggi ci ha visto divisi e riflessivi. 

Il primo assaggio si presenta sottile, ricamato al naso, con tanta conchiglia, una nota lattica che vira verso il formaggio e il burro d’alpeggio, poi zenzero e agrume giallo. Il sorso è corrispondente, un raggio laser, una sciabolata di luce sul mare, respiri conchiglie, limoni, spezie fini, resta il sale fine ai lati della bocca, e continua a risuonare al palato il suo gusto sottile, elegante, infiltrante. Vibra infinito su una nota perfetta, come un diapason. 

Il secondo assaggio mostra note di pasticceria lievitata, lampante il ricordo di panettone, crema al limone, frutti gialli maturi con qualche accento tropicale. Al palato è più avvolgente, occupa tutta la bocca, senza mai perdere eleganza, irritato di acidità succosa, dotato di sale ma più mascherato da un frutto dolce che quasi fa supporre un dosaggio maggiore (che invece non c’è; scopriremo avere mezzo grammo per litro in meno del fratello). 

In molti azzecchiamo l’ordine, del tutto casuale, che ha voluto primo il Cristal 2008 e a seguire il 2012. Quale era il migliore? É come chiedere se era più bella la Schiffer o la Campbell. O chi sia più sexy tra Russel Crowe e Jude Law. Tutto va sul gusto personale. Rimane il livello altissimo di questi due vini. Personalmente, per chi può permetterselo, berrei ora 2012 e comprerei per future bevute il 2008, sicuro di incontrare in entrambi i casi grande soddisfazione.

La 2012 si è rivelata dai nostri assaggi una annata ricca di sapore ma mantenendo eleganza e schiena dritta. Sembrano vini già pienamente godibili ed espressivi, nei quali il millesimo lascia il segno, ma andando a braccetto col timbro dei territori, quasi sempre ben focalizzabile. 

Lo Champagne ancora una volta ci ha offerto squarci di bellezza, una bellezza che resta nel cuore dei bevitori sensibili. E nella mia mente resterà a lungo il ricordo di quei calici che sapevano di mare, sapevano di luce, sapevano di Champagne, e sapevano di vita. 

Matteo Carlucci

Sommelierdellasera

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