lunedì, Febbraio 24, 2025
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IL NEBBIOLO, VINO PER DEGUSTATORI PAZIENTI di Francesco Falcone

Guardando il bacino di coltivazione e le caratteristiche delle grandi uve a bacca nera del mondo, dal Pinot Noir al Cabernet Sauvignon, dal Merlot alla Syrah, per tacere della vasta famiglia delle Grenache, il Nebbiolo è un’eccezione, sotto molti aspetti. Vitigno grandioso ma niente affatto diffuso; vitigno grandioso ma non universale; vitigno grandioso a patto che la sua gestione sia rigorosa; vitigno grandioso soprattutto se ai vini che origina gli si concede il bonus dell’attesa.

L’uva Nebbiolo è certamente originaria del Piemonte, poiché è coltivata in questa regione da centinaia di anni (sette secoli almeno). Quando vi sia arrivata o quali siano le sue origini genetiche (ovvero se sia frutto di lente modificazioni di altre uve o di incroci naturali con altre varietà) è questione che riguarda la scienza. L’etimologia del nome è invece un tema più vicino ai nostri interessi: un tempo conosciuto come Nebiolo, è possibile che origini dal latino “nebia”, in quanto è nel periodo delle prime nebbie che l’uva raggiunge la sua piena maturità. Ma è pure probabile che la parola Nebbiolo faccia riferimento alla pruina, “nebbiolina” biancastra che ricopre gli acini quando questi sono prossimi alla maturazione.

Il vitigno è oggi prevalentemente coltivato nella Langa Albese (Barolo, Barbaresco e Roero), nel Torinese (Ossolano, Canavese, Carema), nel Biellese (Lessona e Bramaterra), nell’Alto Vercellese (Gattinara), nell’Alto Novarese (Ghemme, Boca, Fara, Sizzano) e, fuori dal Piemonte, in Valle d’Aosta (Donnas e Arnad-Montjovet) e in Lombardia (Valtellina). Si tratta di poche migliaia di ettari vitati in tutto il pianeta, una goccia nell’oceano del vigneto mondiale.

Ciò che è ben noto agli appassionati, è che quando il Nebbiolo è coltivato nei luoghi a esso più congeniali e le mani di chi lo governa sono ben educate, allora sa regalare liquidi di superbo carisma e meravigliosa trasparenza. Ma per arrivare lì, lì dove solo pochissime varietà al mondo possono osare, è opportuno sapere che il Nebbiolo è uva aristocratica e selettiva, sotto tutti i punti di vista.

Intanto sembra sempre ostentare un’indifferenza sovrana verso chiunque gli si avvicini senza gli strumenti necessari: non sopporta, il vino Nebbiolo, un atteggiamento di leggerezza, di normalità da parte del bevitore.

Il vino Nebbiolo non si dà a chiunque e anzi esige attenzione, preparazione e passione. Il vino Nebbiolo è cieco e sordo alle esigenze del prossimo, se ne frega di piacere, di ammiccare, di apparire disinvolto e piacione: niente di niente.

Il vino Nebbiolo partecipa al mondo con aria di sprezzante superiorità, facendo di tutto per garbare a pochi; non corre, non vola, non sorride e non è quasi mai capace di privilegiare gli elementi più consolatori che buona parte dei bevitori ricercano. 

Il vino Nebbiolo non ama viaggiare troppo, semmai è chi lo beve che deve saper viaggiare: nello spazio, nell’immaginazione, nella prospettiva e soprattutto nel tempo. Per il Nebbiolo il tempo è tutto. Nel tempo il Nebbiolo si sbriciola in una scacchiera eterogena di geografie disparate e lascia detonare il suo enorme talento, fin troppo a lungo nascosto.

Occuparsi del vino Nebbiolo oggi è dunque più che mai necessario. È terapeutico per il degustatore contemporaneo, sempre più interessato al presente per il presente, alla sintesi e alla frugalità a tutti i costi.

Oggi sono valori necessari la bevibilità (“quel vino è buonissimo, te ne berresti a secchi”) e l’immediatezza per l’immediato (tanto nemmeno i ristoratori puntano più sui lunghi affinamenti).

Così, nostro malgrado, magari senza volerlo, il più delle volte rischiamo di accontentarci di ciò che affiora in superfice, perdendo di vista la profondità. Non è un caso se sono aumentati sensibilmente i consumi di vini effervescenti, che in virtù dell’anidride carbonica riescono a essere liquidi più performanti in tal senso: più veloci, più rapidi, più “volatili”, più beverini appunto. 

Col vino Nebbiolo è diverso: la musica cambia, i movimenti si alternano, l’orchestrazione si fa abbondante di note, di strumenti e di suoni, e così l’ascolto diventa inevitabilmente più complesso.

E se in Alto Piemonte, a Carema, nel Roero, in Valtellina e in Valle d’Aosta potrà forse capitare di intercettare vini Nebbiolo di una qualche piacevolezza giovanile, nella Langa del Barolo e del Barbaresco pressoché mai.

La congiunzione tra il clima continentale dell’Albese, i terreni marnoso-calcareo-arenacei del Miocene e il lunghissimo ciclo vegetativo della vite Nebbiolo (che germoglia molto presto e porta a maturazione i suoi grappoli molto tardi), crea i presupposti per rossi il più delle volte sontuosi, le cui fitte stratificazioni di materia, di sapori, di odori e di umori necessitano di adeguata predisposizione.

Al degustatore alle prese con il vino Nebbiolo converrà dunque prima accettare – e poi leggere e interpretare – l’incontinente personalità di un rosso che non punta alla bevibilità ma alla complessità; che non è mai superficiale ma profondo.

Il degustatore dovrà perciò attendere, attendere e ancora attendere, lasciandosi attraversare dal liquido con gli occhi chiusi e la concentrazione spalancata, per intercettarne gli umori nascosti (al solito, ben più di quelli scoperti).

Col vino Nebbiolo di più ambiziosa estrazione, il degustatore dovrà orientarsi al futuro, adeguandosi a cambiamenti lenti e mai lineari. Così, tra alti e bassi, il degustatore più tenace e paziente potrà via via assistere alla graduale formazione di una trama che a un certo punto, quando tutto filerà per il meglio, consegnerà intrecci e ricami d’alta classe.

E in effetti, volendo chiudere qui l’argomentazione, l’attesa e la pazienza nell’attesa sono un paio di doti necessarie al bevitore del vino Nebbiolo. La terza è pensarla come Pierangelo Bertoli, che scrisse nella sua bellissima “A muso duro”: “affronterò la vita a muso duro, guerriero senza patria e senza spada, con un piede nel passato e lo sguardo dritto nel futuro”.

È più o meno così che funziona, col vino Nebbiolo.

 Francesco Falcone

Degustatore, divulgatore e scrittore indipendente. 

fra.falcone2003@libero.it

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